C’è qualcosa che in me si consuma, ma io voglio farti sentire i versi che ancora mi corrono dentro, tutto il dolce e l’amaro di cui sono capace. Scenderà il sipario del buio sulla mia vanità, ma io posso ancora offrirti conchiglie e cristalli di sale e brillanti di acqua e come a un banco di spugne in un mare stregato posso farti annegare. Ho le spine nel cuore per questa umanità che mi scivola via, ma se tu mi vieni a cercare, io sarò là, magari nell’angolo di una stazione: tra il fumo di un vecchio locale e il fischio dell’ultimo espresso per te avrò sempre uno spicchio di sole. Vieni, prima che la notte mi chiuda la bocca, vieni sulle note di un tempo e chiamami piano. Marina La Sibilla n. 6, 1999 |