Come cambia l’equipollenza

Il presente articolo tratta dell’equipollenza unicamente nelle crittografie e nei rebus

la storia Prima di spiegare il titolo, poniamoci una domanda: Chi ha stabilito che l’equipollenza va valutata in base all’identità etimologica? Ho letto centinaia di annate ma non ho trovato nessuna traccia di chi abbia stabilito questo modus operandi. Tutti noi, io per primo, abbiamo sempre tenuto per buono questo proclama che in realtà è errato, comportandoci, come spesso accade nell’Enigmistica Classica, a mo’ di gregge ubbidiente e non pensante. Non avendo trovato proclami o manifesti, ho desunto che la «grande scoperta» sia avvenuta suppergiù verso gli anni Cinquanta da qualcuno che masticava un po’ di linguistica e che ha procurato in seguito un gravissimo danno.

l’errore Una volta dato per buono questo assunto, i nostri predecessori, mansueti, hanno perseverato nell’errore riempiendosi la bocca di: «eh, ma correre e percorrere sono equipollenti!», «eh, ma seguire ed eseguire hanno la stessa radice etimologica!». E così, come ho già scritto su queste pagine, abbiamo tutti giocato al «piccolo linguista» senza possederne i requisiti. È una soddisfazione autoproclamarsi titolari di una materia apparentemente alla portata di tutti: infatti è così semplice aprire il vocabolario e far notare, con il petto gonfio, che basto e bastone sono… equipollenti!

dov’è l’errore? L’errore di base sta nella falsa credenza che un gioco debba essere bocciato in virtù di una stessa radice etimologica. Errore gravissimo che ha portato per decenni a una caccia alle streghe assolutamente ingiustificata. Nessuno ha avuto dei dubbi. Qualcun altro ha scoperto che l’identità etimologica si chiama corradicalità.

I lettori della Sibilla conoscono benissimo la nostra posizione al riguardo e hanno gioito con noi quando si scoprì che anche la Linguistica ufficiale la pensava… come noi. Due vocaboli vanno esaminati non con la radice etimologica, bensì con l’uso odierno. Il primo studioso che mi aprì gli occhi fu Giacomo Devoto che nella sua prefazione all’Avviamento alla etimologia italiana, scriveva testualmente: «L’etimologia in sé non significa niente: è un fatto erudito, per il quale una parola, staccatasi a suo tempo da un’altra parola, e per ciò stesso dimentica dell’antico legame, viene ricondotta alla sua origine grazie a un procedimento di «ricerca della paternità». Se noi ci rendessimo conto o avessimo sempre presente che «cattivo» significava un tempo, come è detto anche in questo libro, «prigioniero (del diavolo)», noi falseremmo il significato della parola italiana, oppure le assegneremmo, nel quadro del lessico italiano, un campo di azione diverso da quello che le è proprio». Devoto prosegue: «Una seconda esigenza è quella di dare il rilievo dovuto, oltre che alle parole che si distaccano e «nascono», anche a quelle che si incrociano e si «sposano»: in italiano «consumare un matrimonio» e «consumare un patrimonio» sembrano impiegare la stessa parola. Ma un tempo non era così, perché i due «consumare» rispecchiano nel primo caso il latino consummare e nel secondo il latino consumere. Lo studio degli incroci è essenziale per tener conto, accanto alla tradizionale etimologia proiettata nella storia, delle esigenze dell’inquadramento lessicale, insito nella cosiddetta etimologia statica o vivente».

Così diventa tutto chiaro e allora il distinguo si opera con la massima facilità, senza bisogno di ergerci a giudici di una materia che non abbiamo studiato e – permettetemi di aggiungere una considerazione personale – il risultato è anche più veloce ed esatto. Volendo riassumere il pensiero di Devoto e di altri illustri linguisti, compreso il… nostro, due vocaboli sono da bocciare quando, nel 2022, conservano ancora lo stesso uso. Il bambino che cammina gattoni si ricollega immediatamente al gatto perché cammina, come lui, a quattro zampe. Al contrario, seguire ed eseguire non sono da bocciare perché seguire una ragazza per la strada è ben diverso dall’eseguire un concerto di Rossini. Questo nel 2022.

un altro errore In passato nessuno ha  interpellato un linguista per chiedere lumi. Se qualche nostro collega l’avesse fatto, oggi sarebbe tutto più semplice e non avremmo il bisogno di indagare (da inesperti) se due termini hanno la stessa radice.

la stessa radice Ma che importa se il baleno e la balena (vocaboli nati all’incirca nel 1300 e 1400) hanno la stessa radice (tanto per non citare l’arcinoto esempio di arma e armadio?). Ma nemmeno il vocabolario ci viene in aiuto e, affidandoci unicamente ad esso per… scovare l’equipollenza, si potrebbero commettere errori madornali. Se si consulta lo Zingarelli, infatti, leggiamo che dittatore proviene da dictãre nel senso di comandare, prescrivere e quindi accetteremmo il gioco,ma se leggiamo un buon libro di linguistica (in questo caso: Luca Serianni, Il lessico, ediz. del Corriere della Sera, 2019) scopriamo invece che « … il rapporto con dicere è evidente nel latino dictare … di qui dittatore, che già nel latino dictator aveva perso il riferimento al dire e indicava chi aveva poteri eccezionali, letteralmente chi «poteva dire quello che voleva». Serianni prosegue col verbo fare, da cui derivano deficiente, difetto, confetto, confezionare, infettivo, infezione. Domanda per chi consulta il vocabolario per esaminare l’equipollenza: ve la sentireste di bocciare un gioco basato su fare e infezione? Ho un amico enigmista che resta legato a filo doppio con il vocabolario, ma alla domanda «accetteresti Napoli/propoli?» mi rispose no, ma non mi ha mai saputo dire il perché. Il perché invece lo so: stavolta non poteva esaminare l’etimologia, perché in questo caso na di Napoli significa nuova e il pro di propoli significa davanti.

Arriviamo così ai prefissi e ai suffissi. Per un arcano motivo, vengono accettate le parole con prefissi tipo con, in, tra, eccetera (e di conseguenza si viene meno al principio che bisogna consultare il vocabolario) e vengono accettati tutti i suffissi (-zione, -ista, -iamo, ecc.). Mistero.

Penso, spero, di aver chiarito il nostro modus operandi per cui in futuro sarà superfluo chiederci se le parole x e y sono equipollenti: risponderemo di rileggere questo articolo. Sono tuttavia ben conscio che ci troveremo – così come ci siamo trovati in passato – ad esaminare vocaboli borderline e in quel caso ci comporteremo come abbiamo fatto finora. E finora… tutto è andato bene.

Il termine «equipollenza» non è perfetto per questo tipo di analisi, ma va bene, anche se Giovanni Manetti ci suggerisce differenza semantica. Va bene anche perché, come si sa, l’Enigmistica si appoggia molto sulla convenzione. I termini da analizzare per l’equipollenza potrebbero essere distinti in attinenti e distanti.

Vorrei che fosse chiaro un altro particolare: l’etimologia è uno studio interessante che appassiona moltissimo i linguisti e gli enigmisti e spesso ci riserva lezioni sorprendenti. Proprio in questi giorni Vecchioni ed io, ad esempio, parlavamo entusiasti della scoperta dell’etimologia della parola muriatico: viene da muria che significa salamoia!

In un prossimo articolo presenterò un elenco di parole che sembrano equipollenti con la loro radice ma non lo sono.

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