L’uso degli avverbi nei rebus e nelle crittografie

Perché si possono usare gli avverbi di luogo nei rebus senza prima citare il luogo

I deittici sono le parti del discorso che nel parlato mettono in rapporto l’enunciato con la situazione nella quale esso viene prodotto, collocandolo nello spazio e nel tempo. In questo senso funzionano da deittici i dimostrativi (come “questo”, “quello”), gli avverbi di luogo e di tempo (come “qui”, “là”, “ieri”, “oggi”), i pronomi personali (come “io”, “tu”). I rebussisti che non hanno studiato queste cose si limitano a pubblicare giochi con uso anaforico e cataforico, credendo così di… rispettare la grammatica. Io mi limito a sottolineare che – come spesso accade – in enigmistica l’uso fa legge e a volte si seguono falsi precetti. Il rebus è un gioco visuale ed è proprio l’osservazione che ci consente di inserire gli avverbi di luogo, perché non è indispensabile indicare prima il luogo. Uno scrittore è invece obbligato a citare prima il luogo affinché il lettore possa capire dove avviene la narrazione; dopo di che – per evitare di ripetere il nome – ricorre agli avverbi (ved. anafora e catafora). Questo per quanto riguarda la scrittura. Ma se due persone che camminano per la strada vedono un poster di Capri – mettiamo – possono tranquillamente affermare: “Che bello! Lì vivrei tutta la vita!” senza la necessità di dire: “Guarda Capri: lì vivrei tutta la vita!”. Allo stesso modo se siamo in casa, possiamo dire a nostra moglie “Qui fa troppo caldo, apri un po’ la finestra”, senza ipotizzare un pazzesco: “Casa nostra: Maria apri la finestra”?. Nel parlare, dunque, i requisiti possono essere soddisfatti appunto dalla visione del luogo, dai gesti, dalla mimica facciale e perfino dalla modulazione della voce, mentre nello scrivere bisogna esprimere con parole tutti i riferimenti necessari. Questo lo dice la Crusca. Tornando all’enigmistica, ecco perché nelle crittografie si son sempre adoperati gli avverbi e i pronomi e lo stesso dicasi nei rebus. Nessuna eccezione, quindi: si tratta solo di soffermarsi a pensare che certi precetti che si son seguiti stancamente da tempo possono essere bellamente riposti in soffitta.

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